La parola “rispetto” ha un peso antico. Deriva dal latino respicere, che significa guardare indietro, rivolgere lo sguardo a qualcosa o qualcuno con attenzione e considerazione. È una parola che porta con sé un senso di cura, di riflessione, di coscienza verso ciò che ci circonda, persone, natura, memoria, cultura.
In cucina, rispetto vuol dire molto più che seguire una ricetta: è un atto profondo di attenzione verso gli ingredienti, le persone, i territori e le stagioni. La cucina siciliana, come molte cucine tradizionali, è nata dal rispetto. Rispetto per ciò che c’era, per ciò che mancava, per il lavoro nei campi, per la fatica.
Era una cucina intelligente, parsimoniosa, ma capace di stupire. Dava valore agli scarti, creava sapori complessi con pochi elementi, e si adattava con creatività al ritmo naturale delle stagioni. Preparare un piatto con ingredienti del momento non era una scelta ideologica: era rispetto per la terra e per il tempo.
Oggi, però, il rispetto sembra smarrito. L’omologazione dei gusti, la produzione intensiva, la corsa alla disponibilità costante di ogni prodotto stanno logorando l’equilibrio millenario tra uomo e ambiente. Il cambiamento climatico ne è una delle conseguenze più drammatiche. Le stagioni si sfaldano, le temperature alterano i raccolti, e la cucina perde i suoi punti di riferimento.
In questo contesto, recuperare il rispetto in cucina diventa un gesto etico e necessario. Significa tornare a chiedersi: da dove arriva ciò che mangio? In quale stagione cresce? Chi lo ha coltivato o pescato? È ancora tempo di carciofi? È giusto pretendere pomodori a dicembre?
Una cucina rispettosa è una cucina che ascolta. Che segue la natura invece di forzarla. Che riconosce il valore della biodiversità e sceglie ingredienti locali, sostenibili, stagionali. Che cucina con tutto, anche con le bucce, i gambi, i ritagli. Che non spreca.
Il rispetto, quindi, non è solo una parola gentile. È un’azione. È scegliere un’arancia di Sicilia a febbraio, e non una di chissà dove a luglio. È conoscere il proprio territorio. È cucinare meno, ma meglio. È tramandare tradizioni, senza nostalgia ma con consapevolezza. Rispettare la cucina è rispettare la vita.
E forse, in questo gesto semplice e quotidiano, possiamo trovare la chiave per affrontare un futuro più giusto e più buono.
 
 
				 
           
           
								
								 
								
								 
								
								 
								
								 
								
								 
								
								 
								
								 
								
								 
								
								 
								
								 
								
								 
								
								 
								
								 
								
								 
             
             
             
             
	 
	 
	 
	 
	